Il percorso Nuova Simonelli dal calcolo LCA sull’impatto ambientale alle tecnologie in grado di risparmiare energia e ridurre gli sprechi.
Qual è l’impatto sull’ambiente di una macchina per caffè espresso? E come le tecnologie di una macchina da caffè espresso possono ridurre la sua impronta sull’ambiente? Da alcuni anni gli ingegneri della Simonelli Group, insieme ai ricercatori del dipartimento Design Tools & Methods Group dell’Università Politecnica delle Marche e del cluster Marche Manufacturing*, si sono posti queste due domande per cercare di realizzare macchine da caffè non solo performanti, ma che siano sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Ma come si misura l’impatto ambientale di una macchina da caffè?
La misura più ricorrente è il Carbon Footprint, che esprime in CO2 equivalente (CO2 eq) il totale delle emissioni di gas a effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto. Per conoscere l’impatto ambientale delle attrezzature di caffè si è fatto ricorso al Life Cycle Assessment (LCA), una metodologia standardizzata (IS= 14040 e 14044) che permette di verificare l’influenza che un prodotto, processo o servizio esercita in termini ambientali, nel corso della sua vita; dal momento in cui viene prodotto fino a quando viene smaltito. Il calcolo dell’LCA ha il vantaggio di fornire una misura alquanto precisa ed immediata dell’impronta che ogni prodotto lascia sul nostro ecosistema. È stato quindi valutato l’impatto ambientale di una macchina da caffè espresso per poi definire delle soluzioni per contenere al massimo questi valori.
I risultati del calcolo LCA:
Il calcolo LCA tiene conto quindi delle tipologie di materiali utilizzati (tipologia, quantità, peso, ecc), così come delle distanze da essi percorse fino ai processi produttivi, dell’impatto delle fasi produttive nella loro trasformazione e poi delle distanze e delle tipologie di trasporto utilizzate per raggiungere il mercato di sbocco. Questo primo aggregato fornisce la misura dell’impatto nella fase di manufacturing, a cui va aggiunta la fase d’uso, che include tutti i consumi generati dal prodotto nel corso del suo intero ciclo vita, fino a considerare l’ultima fase, che consiste nell’end of life, ovvero ai costi di smaltimento tenendo conto anche della riciclabilità dei materiali a fine vita. In questa fase, se il prodotto è realizzato con materiali altamente riciclabili, l’impatto dello smaltimento può essere positivo.
La fase di manufacturing per una macchina da caffè tradizionali a 2 gruppi può assumere un valore compreso fra i 550 e 850 Kg CO2 eq, valore quest’ultimo che equivale ad un viaggio di una persona in aereo nella tratta Sydney- Perth. In fase di smaltimento possono essere recuperati fino a 110 Kg CO2 eq. Nel calcolo della Carbon Footprint della macchina da caffè, tuttavia, è la fase d’uso ad essere dominante rispetto alle altre fasi, poiché ha un’incidenza sulla produzione totale di CO2 eq che può oscillare fra il 95% ed il 99%. Molto dipende dalle condizioni d’uso della macchina e quindi dall’intensità d’uso, dal mix di bevande erogate e dal mix di fonti di generazione di energia elettrica nel paese in cui opera.
La fase d’uso: il calcolo LCA per i diversi stili di consumo
Per la valutazione ambientale dell’intero ciclo di vita di una macchina per caffè espresso, i ricercatori del reparto R&D della Simonelli Group, insieme a quelli del DT&M, hanno ipotizzato due scenari, per tener conto dei diversi stili di consumo presenti nei vari mercati. A questo proposito si è preso a riferimento un coffee shop (Coffeeshop1) in cui c’è una prevalenza di produzione di caffè, come avviene in molti bar italiani ed europei, ed uno in cui c’è una prevalenza di bevande con aggiunta di latte (cappuccino, flatwhite, ecc), come avviene in altri mercati, vedi ad esempio in quello degli Stati Uniti (Coffeeshop2). È stata ipotizzata una vita media della macchina pari a 5-7 anni e per ciascuna tipologia di coffeeshop sono stati individuati tre diversi livelli di intensità d’uso della macchina, distinti fra intensivo, standard e saltuario.
Alla luce di queste ipotesi è emerso che l’impatto ambientale del coffeeshop2 è mediamente del 50% più elevato rispetto a quello del coffeeshop1 (in tutte e tre i livelli di intensità). Come mostrato dal grafico, l’impatto del manufacturing è marginale rispetto a quello della fase d’uso e tale impatto è tanto meno significativo quanto più intensa è l’attività d’uso.
Le tecnologie che permettono di ridurre l’impatto ambientale della macchina nella fase d’uso
L’analisi presentata ha costituito il punto di partenza di un progetto messo in piedi otto anni fa dalla Nuova Simonelli e dal DT&M volto a trovare nuove soluzioni tecnologiche capaci di abbattere drasticamente le emissioni di CO2 in fase di produzione ed uso, preservando e possibilmente elevando al contempo gli standard qualitativi delle prestazioni.
Una sfida molto impegnativa, ma che ha già dato i primi frutti, come dimostrano le varie tecnologie che hanno permesso di ottenere un forte risparmio energetico pur mantenendo performance molto alte. È il caso della tecnologia T3 di Aurelia Wave che, oltre a garantire la massima consistenza del risultato durante l’intera giornata lavorativa, consente di conseguire un risparmio energetico (e quindi minoriemissioni di CO2 unito ad un risparmio sulla bolletta energetica) che oscilla dal 30 al 40% rispetto ad una macchina con altra tecnologia. Le tecnologie EasyCream (presenti in Aurelia Wave e in Appia Life) e ClimaPro dei macinini Mythos 2 e Mythos 1 hanno ulteriormente contribuito all’abbattimento dell’impatto ambientale poiché consente di avere un minore spreco di latte, e quindi un uso corretto del vapore, la prima e di caffè la seconda, grazie ad una macinatura più precisa e consistente nel dosaggio. Così come l’Autopurge in Aurelia Wave che permette una pulizia corretta della macchina, evitando sprechi di acqua.
È così che una progettazione oculata e tecnologie all’avanguardia contribuiscono a creare macchine da caffè performanti e sostenibili.
*Marche Manufacturing è un partenariato pubblico privato composto da Università, Istituti di Ricerca ed aziende che collaborano per raccogliere e studiare le esigenze della produzione manifatturiera automatizzata, efficiente, a basso impatto ambientale e orientata verso l’uomo.